Caro lettore…

In questi giorni sono stato costretto a seguire alcune conferenze su argomenti vari perchè le norme impongono ai giornalisti di ‘conquistare punti’ all’interno di un presunto processo di ‘Formazione professionale continua’.

In pratica il giornalista prende un punto per ogni ora di partecipazione ad un evento e deve raccoglierne 60 in tre anni.

La cosa sarebbe tollerabile se gli incontri avessero un senso, uno qualsiasi. Invece il più delle volte non ne hanno alcuno e finiscono per l’essere testimonianza drammatica sullo stato ormai agonizzante non del solo giornalismo, ma della stessa ‘ragione’ in Italia.

I ‘conferenzieri’ infatti, come accade spesso in ogni campo nel nostro Paese, sono selezionati in base al tinello di appartenenza.

“Conosco Filippo, che dici lo chiamiamo?”. “Si, certo, io mi occupo di Mario allora, sai ci siamo visti l’altro giorno la Circolo e penso gli farebbe piacere…”.

Che Filippo e Mario, poi, non sappiano nulla dell’argomento sul quale sono chiamati a parlare non ha importanza. Tant’è, il ‘tinello’ prima di tutto.

Caro lettore,

devi sapere una cosa. Secondo l’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, il 63,8 per cento dei giornalisti italiani, se lavorano, lo fanno gratis. Si, gratis, nel senso che nessuno paga loro gli articoli. A questa ‘maggioranza squattrinata’ vanno aggiunti i ‘pagati una miseria’. E quelli non sono calcolabili.

Per capirci, ci sono posti dove una ‘notizia’ vale ben 5 euro lordi. Si, meno di un tramezzino con bevanda in un bar di Milano.

I motivi per i quali siamo arrivati a questo punto sono molti e non è certo questo il posto per analizzare le complesse questioni che sono alla base del tracollo del sistema informativo nazionale.

Tuttavia, alcune cose vorrei raccontarle.

La prima è che da trent’anni nel nostro Paese non si riesce più ad innovare nulla. I gruppi dirigenti, ovvero quelli che decidono, sono selezionati per ‘tinello’ (come si è detto) o per ‘fedeltà’. Fedeltà al capo dell’azienda, al capo politico, al raccomandatore, all’amico, al parente…

Il ‘bravo’ non esiste più, c’è piuttosto il ‘fenomeno’, ovvero colui che trova un posto al sole per diretta intercessione di vice spiriti santi, ma per nulla in virtù di santità.

Ci sono anche i figli. Il figlio di Tizio che farà il lavoro del padre, il figlio di Caia che farà il lavoro della madre. Ma in questa categoria valgono anche parentele più flebili, come nipoti, cugini, cognati, fidanzate, amanti, ecc. Se non hai un consanguineo, insomma, anche solo acquisito, sei fritto.

La seconda è che dopo tanto tempo di ‘selezioni dissennate’ si sono persi i punti di riferimento, ovvero le regole che dovrebbero essere alla base delle professioni sono saltate del tutto.

Un esempio. Durante una delle ‘conferenze’ alle quali ho dovuto partecipare ‘per motivi di punti’ un giornalista di grido, a poche ore dall’attentato di Manchester, volendo dimostrare la ‘potenza dei social’, ha proiettato una rivendicazione islamista della strage trovata su Youtube. Ed ha aperto un capitolo sulle ‘fonti’.

Peccato che nello stesso momento il cui l’uditorio ascoltava quel dotto discorso la BBC, ovvero una delle più autorevoli fonti di informazioni al mondo, direttamente coinvolta nei fatti essendo una azienda britannica, cioè dello stesso Paese nel quale era avvenuta l’azione terroristica, non facesse alcun accenno a quella rivendicazione. E questo perchè si trattava, oltre ogni ragionevole dubbio, di una scemenza. Insomma, il valente ‘inviato’ invece di spiegare le tecniche che permettono di evitare la bufala ne mostrava una. Non avendo consultato la BBC, ca va sans dire.

Infine, una terza nota, molto spiacevole. I ‘giovani’, almeno gran parte di loro, quasi mai privi del delirio di firma, ovvero di quella tremenda patologia che spinge alcuni non a scrivere per informare, ma a farlo per apparire, sono terribilmente ignoranti.

Gli ‘anziani’ come me non è che siano dei pozzi di cultura e saggezza, ma un tempo in un giornale i caporedattori erano duri, il ruolo lo imponeva, e gli articoli, anche quelli più innocui, non passavano facilmente. La penna rossa esisteva ed era impietosa e cattiva. Ed anche i cestini per gli articoli da buttare erano capienti.

Oggi si diventa giornalisti anche senza aver mai messo piede in un giornale, dopo corsi di laurea o scuole assolutamente autoreferenziali. Così i ‘giovani’ hanno una conoscenza della storia, della cronaca, della realtà dimensionata sul loro ‘spazio temporale’. Hanno idee vaghe di quello che hanno sentito dire o hanno visto direttamente, del resto manco a parlarne.

Un esempio: se vedono la faccia di Giovanni de Lorenzo non sanno chi sia, ma nello stesso tempo pensano di essere espertissimi sui misteri italiani e sono sempre pronti ad elaborare straordinari ‘retroscena’.

Sfugge loro, però e tanto per dire, l’intera vicenda dei ‘fascicoli del Sifar’, ovvero della schedatura di 157mila persone avvenuta negli anni ’60, ed ignorano le implicazioni che questo lavoro certosino fatto dal ‘Servizio informazioni forze armate’ ha prodotto nella vita politica ed economica nazionale per decenni, visto che grazie a quei dossier (aggiornati con perizia da chi li aveva ereditati) una parte cospicua delle classi dirigenti del nostro Paese è stata a lungo ricattabile o ricattata.

Alcuni di quegli stessi giovani, per fare un altro esempio, citano ‘Apocalittici e Integrati’ del semiologo italiano Umberto Eco, ma sono ignari della connessione tra quel libro e la Scuola di Francoforte di Axel Honneth,Theodor Adorno, György Lukács, Max Horkheimer, Felix Weil, Carl Grünberg. E quindi delle basi sulle quali si fonda la critica ai modelli di sviluppo delle società contemporanee. Conoscono un po’ Tiziano Terzani, ma mai hanno letto un solo rigo di Ryszard Kapuściński, il maestro di tutti noi ‘vecchi’ che ci occupiamo del mondo. Ed anche del presente-presente sanno poco, perchè tutto pensano di conoscere della rete, ma se gli parli di ‘Tor’ o ‘Deep web’ o semplicemente di ‘Usenet’ e di ‘Newsgroup’ o di come si maneggia un Proxy annaspano come se fossero finiti nelle sabbie mobili.

Caro lettore, perchè questa lettera?

Tu sai perchè qualcuno ti informa. Impari perchè qualcuno ti insegna. Vivi perchè qualcuno con la sua esperienza ti avverte sui possibili errori e ti indica le cose più belle. Certo, decidi per i fatti tuoi, ma grazie a quello che hai imparato con l’ascolto.

Ma se chi ti informa non sa cosa succede? Tu come fai se non hai fonti certe e sei sommerso da bufale?

Se i ‘giovani’ di un Paese conoscono solo quello che si coltiva nel loro piccolo orto sapranno mai usare i pomodori appena arrivati dall’America ed inventare la pummarola ‘ncoppa? E se un sistema informativo nazionale si basa in gran parte su ‘miracolati’ e su gente che lavora gratis o quasi quale sarà il reale tasso di democrazia di quel Paese?

Io non so caro lettore, ma sono preoccupato. Perchè qui non basta una riforma per mettere in ordine le cose. Ci vogliono anni ed infinito e durissimo lavoro. Chi lo farà e soprattutto c’è voglia di farlo?

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