Manchester e l’Occidente ottuso

La terribile strage del concerto, l’uccisione di tante giovanissime vite, dovrebbero indurre a riflettere. Ma non accade.

Charlotte Campbell ha scritto su Facebook dopo ore di strazianti ricerche della figlia appena quindicenne: “RIP mio tesoro prezioso, Olivia Campbell, ragazza meraviglosa portata lontano lontano per andare presto a cantare con gli angeli e continuare a sorridere alla mamma che ti ama così tanto”.

A leggere le parole di Charlotte il cuore si stringe, gli occhi si fanno umidi, il dolore esplode. E stata spezzata la vita di una ragazzina come tante, solo felice di poter ascoltare la propria cantante amatissima e di andare ad un concerto col suo amico del cuore, Adam Lawler, che il destino ha voluto rimanesse per fortuna solo ferito.

A Manchester la bomba ha strappato via i sogni a 22 esseri umani e speriamo che l’insopportabile contabilità della morte si fermi qui e che nessuno dei 59 feriti, alcuni dei quali molto gravi, si aggiunga all’elenco di chi non c’è più.

Ad uccidere alla Manchester Arena un altro ragazzo, il ventiduenne Salman Ramadan Abedi, cittadino britannico, figlio di due esuli libici scappati dal Paese dopo la rivoluzione verde di Gheddafi e poi tornati a casa con la caduta del colonnello.

Salman giocava a pallone, tifava per il Manchester United, fumava erba, era stato alla Salford University ed aveva fatto il panettiere.

Mohammed Saeed El-Saeiti, l’imam della moschea di Didsbury, ricorda bene il ragazzo: “Dopo un mio discorso sull’IS (Islamic State) lui mi aveva mostrato il volto dell’odio – ed ha aggiunto – Per lui era abituale farmi vedere il volto di odio e posso dire che non mi piaceva. Non è una sorpresa per me”.

Eccole le radici della tragedia, chiare come la luce del sole. La giovane, dolcissima e svagata Olivia ed il cupo ed adirato Salman. La ragazza inglese che si stava affacciando alla vita ed il figlio di un Africa devastata privo di memoria e di futuro.

La nostra antica ricchezza europea, la grandezza di Roma, la potenza della Francia del Re Sole, lo splendore del British Empire e la Compagnia delle Indie, la forza prussiana e la musica viennese, gli orologi svizzeri e le socialdemocrazie nordiche. I filosofi, i musicisti e i pensatori, le bellissime donne e Marie Curie, i Beatles e i campioni del Real Madrid.

E lì dall’altra parte del mare, tra le dune meravigliose delle coste africane, tra le montagne afghane, in quella terra magica che sta tra il Tigri e l’Eufrate, nel bush immenso del cuore nero del mondo, tra gli intrichi inviolabili delle foreste pluviali del Sudamerica e giù fino alla bellezza straziante della Terra del Fuoco o nelle sconfinate risaie del Sud-est asiatico miliardi di persone, di nostri fratelli che noi chiamiamo ‘altri’, muoiono letteralmente di fame.

‘Altri’, quelli che poi sarebbero i ‘migranti irregolari’, i ‘negri’, ‘i sudamericani delle bande urbane’, ‘le filippine delle pulizie’, ‘il vu cumprà del Senegal’, ‘il lavavetri egiziano’, ‘il raccoglitore di pomodori del Darfur’, ‘il lavapiatti eritreo’, ‘lo spacciatore nigeriano’…

“Manchester attack: UK terror threat level raised to critical” scrive stamattina la BBC, ‘Attacco di Manchester: il livello di minaccia del terrore nel Regno Unito elevato a critico”. Ed è vero, l’attentato inglese mostra una svolta, certifica che la ‘guerra asimmetrica’ ha raggiunto la sua forma compiuta.

In questi ultimi decenni non abbiamo pianto per le migliaia di afghani mutilati o uccisi, per i somali massacrati da una guerra che dura da decenni, per gli iracheni passati nel giro di venti giorni dal presente al Medio Evo, per gli eccidi siriani, per le stragi a Gaza, per la povertà che stermina i bambini indiani, per la carestia che sta divorando Etiopia, Somalia e Kenya.

Abbiamo fatto guerre per portare la democrazia ed abbiamo continuato a rubare il petrolio, i diamanti, il ferro, il rame, il coltan, il cobalto. Abbiamo armato eserciti di mercenari per difendere i pozzi in Nigeria o per controllare le miniere di diamanti in Sudafrica.

L’integralismo dei mujāhidīn e bin Laden sono stati creati dalla Cia (guarda video), la guerra contro armi di distruzione di massa inesistenti in Iraq ha prodotto migliaia di guerriglieri, la ‘liberazione’ della Libia o della Siria ha portato a conflitti giganteschi. In queste ore in Venezuela la ‘rivolta democratica’ contro il presidente Maduro in realtà è uno scossone che vuol restituire il controllo del mercato petrolifero nazionalizzato dal governo ai vecchi proprietari ‘occidentali’. Dalla deforestazione della foresta pluviale in Amazzonia alla guerra in Sudan, dai contraccolpi nord coreani ai sussulti in Sri Lanka, ovunque sul pianeta i nostri interessi ed il nostro potere hanno generato disequilibri e schiavitù.

E così alla fine il mondo, i tre quarti del mondo, hanno cominciato a tremare di rabbia e la rabbia, per alcuni, si è fatta terrorismo.

Terrorismo anche quello creato da noi o da governi del Sud del mondo sostenuti dall’Occidente. Perchè l’Is prende soldi e sostegno dall’Arabia Saudita o dal Qatar che solo poche ore fa sono stati premiati con miliardi di dollari in forniture di armi. O perchè nei campi del Kosovo, sotto gli occhi disattenti delle truppe Kfor, i foreign fighters europei che vanno a combattere per una visione deformata dell’Islam sono addestrati da istruttori inglesi, francesi o israeliani. O perchè la ‘città martire’ Sarajevo è un centro di smistamento europeo di integralisti, ma in un incomprensibile silenzio generale.

La violenza criminale del terrorismo non ha alcuna giustificazione, ma noi, i bianchi ricchi dell’Occidente, dell’Europa e degli Stati Uniti, dobbiamo cominciare a capire che così non può più andare avanti.

Le regole della convivenza sul pianeta vanno riscritte e nessun sistema di controllo di polizia o di intelligence potrà mai evitarci le conseguenze della guerra asimmetrica, le bombe, gli avvelenamenti dell’acqua, gli inquinamenti radioattivi, qualsiasi diavoleria l’odio possa inventare. Perchè il resto del mondo ci odia e noi dobbiamo saperlo.

Per far tornare la pace si deve pensare alla pace, che prima d’ogni cosa è il rispetto per gli ‘altri’. Il terrorismo trova forza in quelle diseguaglianze e fino a quando non sarà risolta la patologia è bene sapere che nessun esercito potrà difenderci. Prima di tutto da noi stessi.

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