Report e gli altri: il Paese dei tifosi

Nell’informazione da molto tempo si è perso il senso della realtà e i fatti si giudicano non per quello che sono, ma in base alle ‘simpatie’. E’ il trionfo dell’alienazione di massa.

In queste ore si è scoperto che Report, il programma di Raitre, manda in onda reportage col trucco. In quest’ultimo caso un servizio sul vaccino contro il Papilloma virus nel quale a molti ‘testimoni’ sui presunti ‘effetti collaterali’ obiettava solo, per una manciata di secondi, una rappresentante dell’Agenzia Europea per il Farmaco.

Falangi di telespettatori, moltissimi dei quali appartenenti alla cosiddetta ‘società civile’ (gli altri cittadini sono parte di quella ‘incivile’?), fieri difensori della libertà di informazione, di fronte alle critiche durissime del mondo scientifico hanno reagito in difesa del loro programma preferito. Che Report abbia fatto cattiva informazione su un tema molto delicato in Italia, quello dell’uso dei vaccini, poco importa. La creatura di Gabanelli prima, oggi condotta da Sigfido Ranucci, è parte del mistero della santità e per questo infallibile. Non si tocca.

Alcuni anni fa un appartenente ‘famoso’ alla società civile’, Fabio Volo, disse in tv: “A Report hanno scoperto che Di Pietro è proprietario di 56 appartamenti, non comprati con i soldi del partito, comunque insomma … 56 appartamenti. Anche lui come altri politici pare che non ne sappia niente. ….Probabilmente l’ha comprato lui a Scajola l’altro”.

Il programma di Gabanelli aveva attribuito all’ex magistrato di Mani Pulite il possesso di un numero impressionante di appartamenti, appunto 56, perchè il reporter della trasmissione non sapeva consultare i registri catastali. In realtà l’intera famiglia Di Pietro possedeva 11 tra case e terreni, ereditati o acquistati in modo trasparente. Lo scandalo tuttavia portò alla fine dell’Italia dei Valori.

Nessuno, poi, forse ricorda le ‘analisi’ di Gabanelli sulle guerre in Siria e Yemen. Secondo Report “in Siria dal 2011 è in corso una guerra civile contro la dittatura di Assad, violenze e persecusioni dell’Isis, bombardamenti russi, francesi e americani […] Yemen, guerra civile e terrorismo…”.

In realtà in Siria Turchia, Arabia Saudita, Stati Uniti e Regno Unito con la collaborazione di Israele hanno organizzato, finanziato, armato e sostengono milizie, anche islamiste, per deporre il governo legittimo. Ed il motivo va ricercato nella posizione geografica di quel Paese. In Yemen sempre Arabia Saudita, Stati Uniti, Francia e Regno Unito sostengono altre milizie con lo scopo controllare il Paese e sempre per gli stessi motivi che hanno in passato portato alle tragedie di Iraq, Libia e Afghanistan. Altro che guerra civile…

Stesse proteste per un ‘dossier’ sulla costruzione di un impianto fotovoltaico in Sardegna. In quel caso il programma ignorò persino le ‘critiche’ alla costruzione dell’opera da parte di Italia Nostra e dei comitati dei cittadini. L’Associazione per la difesa del patrimonio ambientale e culturale italiano scrisse tra l’altro a Report: “…mentre in occasione di precedenti servizi televisivi sono state sempre ascoltate almeno in contraddittorio le voci di tutte quelle rappresentanze espresse dalla società civile che si battono per la tutela dei Beni Comuni, non si ha notizia in questo caso di un analogo coinvolgimento. Al contrario dal lancio pubblicitario sembra emergere che il Gruppo Angelantoni intenda utilizzare la trasmissione e il mezzo televisivo per veicolare informazioni che preparino l’opinione pubblica a recepire come legittimo e risolutore un intervento governativo d’imperio”.

Negli anni, insomma, spesso Report ha raccontato i fatti ‘non separati dalle opinioni’, come dovrebbe invece accadere quando si produce giornalismo di qualità.

Piazzapulita, Otto e Mezzo, In 1/2 ora, Di Martedì, Cartabianca… sono costruiti grazie ad una compagnia di giro di ospiti ed esperti che sono quasi sempre gli stessi e che manifestano sempre le stesse tesi.

L’informazione, o meglio una specifica visione dei fatti, veicolata da questi prodotti televisivi influenza l’opinione pubblica. Nel tempo questo meccanismo costruisce certezze legate non alla verità dei fatti, ma si elabora in una specie di collante che unisce i ‘conduttori’ al ‘pubblico’ e che serve a produrre il magico ‘ascolto’, lo ‘share’ che decreta il successo di questo o di quello. Non si ascolta quello che si dice, ma ci si ‘fida’ del personaggio televisivo, a prescindere.

Fino a quando l’accesso alla professione giornalistica non sarà trasparente, ovvero determinato da un libero mercato nel quale i singoli reporter non verranno scelti ‘alla luce del sole’ e per le competenze che possiedono sarà impossibile offrire al pubblico informazione di qualità.

Quale lettore ha mai visto ‘cercasi giornalista’ nelle inserzioni per personale specializzato? Negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia, in Germania i giornalisti trovano su internet le offerte di lavoro o ricevono immediate risposte quando inviano ai giornali proposte per articoli e reportage.

Anche in quei Paesi esistono forme di condizionamento dei media, ma i livelli qualitativi dei prodotti informativi sono comunque più alti. Da noi come sempre gli ‘amici degli amici’ fanno la differenza.

Così il nostro Paese vive da anni una alienazione da tifo che porta i cittadini a credere in cose che spesso non esistono. E soprattutto a non saper decodificare i messaggi per capire dov’è la verità. E questo non è certo un bene per la democrazia.

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