Articolo Uno si riunisce a Bari: il coma è profondo.

Un vecchio capannone della ormai squallida Fiera del Levante chiamato da qualche giocherellone Impact Hub ha ospitato un singolare evento.

Il tema dell’incontro era ‘Popolo in movimento’ (intanto Renzi gira col trolley) e non appariva molto chiaro quale fosse l’intento degli organizzatori. Perchè seppure le convocazioni presentassero come protagonisti Articolo 1 ed Articolo UNO (a seconda dei casi, non devono ancora aver deciso come si chiamano per davvero) si scopriva poi tra le righe che i presenti erano lì non per conoscere, ma addirittura per aderire ad un non meglio definito ‘Comitato promotore’ del ‘Movimento democratico e progressista’.

Eppure nessuno ha presentato alla platea di ‘potenziali aderenti’ i nomi dei componenti del ‘Comitato’ medesimo e tanto meno nessuno ha avuto modo di votare alcunché, non una Carta, ma almeno un Fazzolettino di buoni propositi, sebbene i convenuti fossero lì in veste di ‘fondatori’ e quindi di ‘costituenti’.

La democrazia non è un soprammobile, ma nell’Italia contemporanea pare proprio che le regole elementari del vivere civile e comune siano saltate ovunque e senza speranza.

La platea era composta da circa 150-200 persone, in gran parte pensionati o professionisti di una politica che fu, e l’aria che si respirava nello stanzone spoglio e disadorno, più simile ad un deposito in disuso che ad una sala convegni, non mostrava neppure al più entusiasta dei presenti d’essere densa di speranza e di fascino, ma piuttosto suggeriva l’immagine di un mesto consesso di ‘quelli che furono già poco e non sono più nulla’.

Alla presidenza una bislacca pattuglia di persone. Un professore universitario colto ed ‘antico’ che si è battuto per il NO al recente referendum costituzionale, Luigi Volpe, una giovane e simpatica consigliere comunale, Antonella Gatti, un precario di call center ovviamente avvilito, Alessandro Laterza, un imprenditore (in realtà un presidente di cooperativa) Alessandro De Robertis ed il capogruppo del neonato Movimento alla Camera, Francesco Laforgia, l’unico che per parlare almeno si è alzato in piedi.

Perchè bislacca? Perchè nessuno degli oratori ‘ufficiali’ ha seguito un filo logico, ognuno ha esposto a ruota libera pensieri ed intuizioni personali. Nessuna proposta, nessuna descrizione della strategia del Movimento, nessuna indicazione su come sarà ‘il sol dell’avvenire’. In tutta la serata mai è stata pronunciata la parola ‘diritti’, mai ‘razzismo’, mai ‘guerra’, mai ‘mafia’, mai ‘operai’, mai ‘profughi, mai ‘ambiente’, mai ‘eguaglianza’, mai ‘opportunità’.

Uno dei presenti ad un certo punto si è alzato ed ha detto: “Io sono venuto qui per conoscere il programma, per sapere cos’è questa cosa qui ed invece sento solo parole”. Dalla presidenza, con tono un po’ spezzante, una donna che aveva il compito di ‘coordinare’ gli oratori ufficiali, lo ha liquidato senza fraintendimenti: “Non siamo qui per parlare di programmi”. Il malcapitato, a ragione offeso, è andato via ed alla memoria del cronista sono tornati i lontani anni sessanta con l’immagine di chi ancora non aveva capito che Stalin era un criminale.

Durante l’assise giravano dei fogli di adesione al Movimento, da firmare, attraverso i quali si sottoscriveva una ‘Carta degli intenti’, che tuttavia non era consultabile e che, con molte probabilità, la maggior parte dei partecipanti mai aveva letto.

Fin qui la cronaca di un disastro che mostra la fragilità, almeno nella provincia di Bari, dei Democratici e Progressisti.

Tuttavia, oltre l’impressione dominante c’è altro ed è più grave. L’uscita dal Pd di un gruppo, non si sa ancora di quali dimensioni, riconducibile alla storia del Pci, lasciava pensare che finalmente lo spazio politico immenso lasciato libero nella società italiana (quello, per capirsi, del 40 per cento dei non votanti) potesse essere almeno conteso da una formazione ‘moderna’ in grado di coniugare la cultura progressista e radical con una ‘memoria’ seria e non da accattoni di quella che è stata la sinistra italiana di matrice comunista.

Il caso non esiste, ahinoi, e i sintomi di una malattia si manifestano simili in tutti i pazienti, così che vedendone uno si può immaginare come stiano gli altri. C’è da scommettere, allora, che la riunione barese nella deserta landa della Fiera del Levante non sia stata diversa nell’essenza da altri meeting del MDP.

E molto significano alcuni sintomi: il presentarsi della liturgia del pessimo, quella che in modo ‘subliminale’ seleziona la platea, collocando ‘automaticamente’ in prima fila i ‘nobili’ (chiamiamoli così in ricordo della lotta di classe) e nelle retrovie i ‘proletari’, la ‘presidenza che pontifica a piacere’ e ‘boccia i dissidenti’ e il non discutere collettivamente dei problemi veri, reali, delle rivalità che ovviamente ci sono, delle sensibilità diverse, dei sogni comuni, delle cose da fare e di quelle che potrebbero essere. E più di ogni altra cosa, in certi momenti, ‘parla’ l’assenza del piacere fisico e del calore che offre il sentirsi parte di una comunità sincera e legata da un idem sentire et velle.

Nella vita si impara che quasi nulla è irreparabile. Così come è lecito nutrire qualche speranza per la sfortunata Italia sempre più immersa in una crisi non solo economica, ma anche di valori e di idee.

Non si può negare che ‘Articolo Uno, movimento democratici e progressisti’ sia per ora una armata Brancaleone senza idee e con troppi notabili o aspiranti tali (chi vuol capire capisca) incapace persino di manifestarsi in modo dignitoso al primo incontro coi propri potenziali sostenitori.

Del nuovo movimento, anche, non si può non rilevare che sia già in coma. Speriamo qualche bravo pediatra sappia strapparlo a morte quasi certa.

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