In Giappone esplode il caos nucleare
Il primo riavvio di reattori dopo la crisi di marzo causata dal terremoto e dallo tsunami è stato messo in dubbio ieri, dopo il tentativo del governo di rassicurare i cittadini ordinando stress test sugli impianti.
L’annuncio della prova ha provocato una risposta durissima da parte del sindaco della cittadina meridionale di Genkai, Hideo Kishimoto, che in precedenza aveva accettato le rassicurazioni dell’esecutivo. Il primo cittadino ha quindi negato l’autorizzazione al riavvio di due reattori nella centrale.
Kishimoto ha detto: “Il primo ministro Kan ha fatto una dichiarazione in cui fa capire che gli stress test sono necessari per riavviare i reattori. Ho l’impressione che la mia decisione (di acconsentire al riavvio, ndr) sia priva di significato, e sono furioso. Voglio ritirare il mio assenso, se l’assemblea cittadina è d’accordo”. Anche il governatore della prefettura di Saga, Yasushi Furukawa, ha criticato il premier per la mancanza di una politica forte sul riavvio dei reattori.
La decisione del sindaco ha creato comunque incertezza sul fatto che altri impianti possano tornare operativi in tempi rapidi dopo la chiusura per controlli sulla sicurezza previsti per l’anno prossimo.
Il governo, intanto, sta studiando una nuova strategia per la produzione di elettricità, così da ridurre la dipendenza dal nucleare. Tuttavia il Paese non può per il momento evitare l’uso dei reattori, indispensabili per coprire le situazioni di picco di richiesta. Tokyo sperava che i test potessero ridurre la sfiducia del pubblico nell’energia atomica.
“Abbiamo confermato la sicurezza delle centrali nucleari a Saga, ma non posso negare che ci siano ancora persone che hanno dubbi e preoccupazioni sulla sicurezza”, ha detto il segretario capo di gabinetto, Yukio Edano. Quindi ha aggiunto: “Vogliamo che gli stress test siano un punto di riferimento per riavviare i reattori nucleari. Questo perchè il pubblico possa sentirsi più sicuro”.
L’impossibilità a riavviare gli impianti destinati a controllo permette di prevedere ulteriori interruzioni della fornitura elettrica e conseguenti problemi per l’industria nipponica, già in crisi a causa dei problemi del settore energetico emersi dopo lo tsunami.