Muore di crepacuore dopo aver perso il lavoro
Nell’Italia della crisi accade anche questo.
Saidur Rahman lavorava di una società di pulizie appalti ferroviari fino a che è stato licenziato. Da allora per lui tutto è cambiato.
A raccontare la sua storia è stato il sindacato Cub che ha spiegato come la drammatica vicenda abbia avuto inizio lunedì 19 ottobre, giorno in cui la Tim Service ha preso il posto della Pma (Pietro Mazzone Ambiente) nell’appalto di pulizie per Trenitalia presso lo scalo Stazione Centrale di Milano. Il motivo del cambiamento sarebbe stato determinato da presunte negligenze del rispetto degli standard di pulizia.
La nuova società ha integrato nel suo organico 88 lavoratori, ma comunque lasciando 62 persone a casa. Poco dopo Tim Service avrebbe ssorbendito altri dieci dipendenti della Pma, ma non Saidur Rahman.
Secondo i Cub “nel cambio tra una società e l’altra non sono stati rispettati i criteri di anzianità, di carichi famigliari e nemmeno l’art. 2 del contratto di Attività Ferroviarie, che stabilisce l’assunzione automatica di tutti i lavoratori nei casi di passaggio di appalti. Lo stravolgimento occupazionale è stato annunciato contestualmente lo stesso 19 ottobre, con un bilancio di 60 lavoratori, circa, rimasti a casa”.
Il sindacato ha aggiunto che “malgrado le rassicurazioni dei colleghi, la salute del lavoratore, già parzialmente compromessa, si è gradualmente aggravata, fino al ricovero una decina di giorni dopo, e del definitivo e tragico decesso in ospedale lo stesso giorno. I colleghi hanno già promosso una colletta per i famigliari del lavoratore, che lascia una moglie e tre figli”.
Insomma, in questo Paese si può anche morire di crepacuore dopo il licenziamento, anche se forse solo in pochi se ne rendono conto.