Thyssenkrupp, la parola al superstite
Ieri a Torino sesta udienza al processo in seguito al rogo che ha strappato la vita a sette operai la notte tra il 6 e il 7 dicembre 2007. Ha deposto Antonio Boccuzzi, sopravvissuto e oggi deputato del Pd
Operaio Thyssenkrupp, delegato sindacale della Uil, Antonio Boccuzzi quella notte maledetta stava lavorando insieme ai suoi compagni alla linea “5”, il reparto maledetto dove è avvenuta la strage.
Oggi Boccuzzi è parlamentare del Pd, ed è toccato a lui ieri deporre nel corso della sesta udienza di un processo storico. Infatti, per la prima volta, una multinazionale è salita sul banco degli imputati per non aver saputo difendere la vita dei suoi dipendenti.
Boccuzzi è diventato noto al grande pubblico per essere comparso, nelle settimane seguenti alla tragedia, in numerose trasmissioni televisive, con il codino, la barba a “pizzetto” e le visibili ustioni sul volto.
Inutile dire che la sua ricostruzione davanti alla Corte è stata molto drammatica: “Quella notte ero alla linea 5. All’inizio l’incendio era molto piccolo, sotto la spianatrice. Fu Scola (un altro operaio, ndr) ad accorgersi della fiamme. Ci precipitammo con gli estintori. Presi la manichetta, ma non ci fu il tempo per fare uscire l’acqua quando ci fu l’esplosione. Alzai la testa e le fiamme furono come un’onda anomala. Diventarono altissime e andarono verso il basso e prese tutti i ragazzi”.
Il telefono per poter comunicare con i responsabili “non funzionava – ha aggiunto Boccuzzi – e ad un certo punto vidi uscire dalla fiamme Scola, urlava il mio nome e si accasciò a terra. Spensi le fiamme che lo avvolgevano, ma le sue scarpe continuavano a bruciare. Aveva piaghe dappertutto. Pensai che fosse morto: presi la bicicletta di servizio per andare a chiedere aiuto”.
Prima di Boccuzzi, ieri è intervenuto anche Diego Cavallero, ingegnere chimico specializzato in sicurezza industriale, chiamato durante le indagini a revisionare le traduzioni dei documenti in lingua straniera sequestrati dagli investigatori.
Va infine ricordato che la procura contesta all’amministratore delegato, Harald Espenhahn, l’omicidio volontario con dolo eventuale, e ad altri cinque dirigenti l’omicidio con colpa cosciente.