Un noir ‘politico’: “Vite bruciate”
E’ il titolo del nuovo romanzo di Dominique Manotti. Storie di operai vittime delle speculazioni dei finanzieri e del potere politico.
Il libro è un noir (Marco Tropea editore) basato su due fatti realmente accaduti in Francia a fine anni Novanta: lo sciopero di una fabbrica finito in incendio doloso, causato dal padronato per nascondere intrighi e manovre e la discussa fusione Matra-Thomson.
Manotti, considerata tra le regine del noir francese, è una storica ed ex sindacalista, una lucida coscienza critica della sinistra francese. L’autrice racconta: “Nei miei romanzi è sempre presente un intrigo finanziario, qui in particolare volevo mettere a confronto un fronte immateriale e uno reale, immaginando le ripercussioni delle decisioni prese dai vertici delle aziende su chi lavora, vive e muore in fabbrica”.
Giocato su due piani paralleli, il libro alterna la storia della trattativa tra i dirigenti per l’acquisizione della Thomson da parte della cordata Matra-Daewoo e della concorrente Alcatel, con la cronaca della vita quotidiana degli operai che lavorano nella filiale Daewoo di Pondange, in Lorena.
Inconsapevoli pedine degli intrighi orditi a Parigi e Bruxelles, gli operai pagano sulla loro pelle la mancanza di misure di sicurezza in una fabbrica che in realtà altro non è che collettore per i fondi della comunità europea.
Quando un’operaia incinta muore fulminata e un’altra, che osa reagire, viene licenziata, la fabbrica intera si ribella: gli operai occupano gli edifici, sequestrano i dirigenti, analizzano i documenti e scoprono, senza percepirne la reale importanza, imbarazzanti segreti industriali che arrivano a coinvolgere le più alte cariche francesi.
La loro rivolta non dura nemmeno lo spazio di una notte: il tempo per i padroni di assoldare dei mercenari che danno fuoco alla fabbrica e mettono fine alle speranze di tutti, dal sindacalista all’operaia licenziata, dall’immigrata in cerca di riscatto al leader sindacale che ha guidato i compagni contro i padroni e viene accusato del dolo.
Tutti, in un modo o nell’altro, pagano cara la speranza di un cambiamento e le decisioni prese da chi in fabbrica non ha mai messo piede.
La Manotti prosegue la sua attività politica con una scrittura incentrata sul mondo del lavoro e sugli intrighi finanziari. La scrittrice sostiene di voler annullare ”l’assurdo distinguo tra economia reale e finanza: le banche sono reali quanto le fabbriche: è una questione di responsabilità, perchè le morti bianche sono come un’assurda tassa sulla finanza”.
Se la finanza è l’argomento caldo dell’inizio del nuovo millennio, il noir è il genere più adatto a raccontare questo periodo ”perchè non finisce mai con lo ristabilimento dell’ordine, come un giallo, un poliziesco, ma riflette tutta l’incertezza e l’assenza di speranza del tempo presente”.
Proprio la mancanza di speranza ha messo l’ex sindacalista sulla via della scrittura: ”sono storica di professione ed ero specializzata nel mondo imprenditoriale del XIX secolo, la storia per me era meravigliosa perchè con le mie conoscenze potevo agire sul presente, poi – racconta – è arrivato al potere Mitterand e la sinistra francese è morta, rendendomi impossibile l’uso delle mie ricerche per agire sul contingente”.
Dopo dieci anni, l’illuminazione: ”Se non ho più presa sul mondo dove vivo – racconta di aver pensato – posso almeno raccontarlo”. E lo ha fatto con un impegno tale che la sua ultima opera, ‘Vite bruciate’, gli è valsa l’assegnazione da parte della Crime Writers Association del Dagger 2008 per la migliore opera tradotta, battendo autori come Andrea Camilleri e il fenomeno Stieg Larsson.