Al Ghetto per ricordare
60 anni dopo
Nell’ottobre di sessant’anni fa, a due passi dall’Altare della patria, vennero rastrellati dai nazifascisti gli ebrei romani: gli abili al lavoro ebbero il privilegio di non essere uccisi e furono deportati nei campi di sterminio.
A ricordare una delle pagine più atroci vissute dai cittadini romani si sono dati appuntamento al Ghetto i rappresentanti delle istituzioni e, soprattutto, tanti cittadini che non vogliono dimenticare.
In simili circostanze, purtroppo, la retorica regna sovrana. A questa consuetudine si è sottratto il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, preoccupato che le lezioni impartite dalla storia rimangano d’attualità: “Purtroppo questi appuntamenti – ha spiegato – non sono più solo un atto dovuto ai caduti ma anche uno stimolo affinché non ci sia neanche il minimo dubbio che le diversità possano essere un problema”.
Quel dubbio esiste eccome, a giudicare dalla proposta leghista di mettere in quarantena i bambini immigrati a scuola qualora risulti difficile “integrarli”.
E Zingaretti lo sa bene, così come dovrebbe saperlo chiunque si informi minimamente su quanto si agita nel Paese tra gli insegnanti, gli studenti e i lavoratori.
Tornando alla commemorazione del Ghetto, Alemanno ha definito il rastrellamento di centinaia di ebrei come “una delle giornate più brutte della Roma moderna ed un monito alla convivenza e alla tolleranza per tutti e nei confronti di tutti”.
Presenti anche il presidente della Regione Marrazzo e i rappresentanti della Comunità ebraica guidati dal Rabbino capo Di Segni.